Le donne alla frontiera del diritto: impatto delle politiche di controllo e repressione dell’immigrazione sulla vita delle donne migranti e richiedenti asilo
Articolo di Ilaria Boiano, Giovanna Bruno e Chiara Spampinati- ONG DIFFERENZA DONNA
1. Introduzione
Le donne migranti, richiedenti asilo e rifugiate sono particolarmente esposte alla violenza
di genere, compresa la tratta di esseri umani per finalità di sfruttamento sessuale,
lavorativo e nelle attività criminali (CoE, 2012). Alla luce delle esperienze raccolte nella
trentennale pratica di accoglienza e supporto a favore delle donne che giungono da altri
paesi sul territorio italiano, l’ONG Differenza Donna include tra i fattori di rischio specifici
anche la regolamentazione giuridica dell’ingresso e soggiorno sul territorio di cittadini/e di
paesi terzi (Comitato CEDAW, 2011, 2017).
Le norme in materia, infatti,aggravano la condizione di dipendenza e soggezione delle
donne straniere nel contesto del mercato del lavoro così come nelle relazioni familiari.
La disciplina dell’espulsione e del rimpatrio, che si applica in caso di presenza sul territorio
italiano senza titolo di soggiorno,costituisce inoltre un ostacolo concreto ai percorsi di
fuoriuscita dalle situazioni di violenza e sfruttamento espone le donne in una condizione di
particolare vulnerabilità, comprimendo, talvolta fino a impedire completamente, il pieno
accesso alla giustizia. In questo contributo si traccerà preliminarmente il quadro giuridico che disciplina l’espulsione il trattenimento e si approfondiranno le specifiche problematiche correlate
all’accertamento dell’irregolarità del soggiorno sul territorio, al trattenimento e al rimpatrio.
La fonte privilegiata della ricostruzione delle problematiche è l’esperienza delle donne
migranti, richiedenti asilo e rifugiate accolte negli anni dall’ONG Differenza Donna.
2. Dai centri di permanenza temporanea e assistenza ai centri permanenti per il
rimpatrio: breve storia della costruzione di una frontiera interna
Il trattenimento di migranti in condizione di irregolarità amministrativa e in attesa di
espulsione è stato previsto dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, la cosiddetta legge Turco-
Napolitano, e dal Testo Unico sull’immigrazione (Decreto Legislativo n. 286 del 1998),
destinando a tal fine strutture definite Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza
(Cpta), trasformati nel 2011 in Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie) 1. Tale
denominazione è stata successivamente modificata in «Centro di Permanenza per il
Rimpatrio» con il Decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13 (convertito con modificazioni dalla
Legge n. 46 del 13 aprile 2017).
Dalla terminologia che si è susseguita nel tempo già si coglie il mutamento di prospettiva
del legislatore: da una permanenza concepita come temporanea e connotata anche dalla
finalità di assistenza, il trattenimento si è consolidato come pratica funzionale
all’identificazione e all’espulsione/rimpatrio 2. Presupposto del trattenimento è un
provvedimento direspingimento del Questore, disposto nei confronti di chi entrando nel
territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, è fermato all’ingresso o subito
dopo, oppure un provvedimento di espulsione, amministrativo o giudiziario, adottato nei
confronti di coloro che sono, invece, rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio
nazionale, sulla base di una valutazione caso per caso. Il trattenimento costituisce, però, misura residuale che può essere disposto o prorogato in extrema ratio, soltanto se nel caso concreto non sia applicabile più efficacemente nessuna tra le misure meno coercitive alternative al trattenimento indicate nell’art.14, comma 1-bis d.lgs. n. 286/1998, che sono a) consegna del passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, da restituire al momento della partenza; b) obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato, dove possa essere agevolmente rintracciato; c)
obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica
territorialmente competente. Il trattenimento è stato negli anni la misura privilegiata, applicata senza una valutazione caso per caso, mentre le misure alternative solo di recente trovano maggiore applicazione. Oggetto di continue modifiche, rispondenti non a un’esigenza concreta, ma per lo più a
finalità propagandistiche, il trattenimento è stato progressivamente esteso da un massimo di trenta giorni (legge Turco-Napolitano), a sessanta giorni dalla legge Bossi-Fini nel 2002, fino a centottanta giorni con il «Pacchetto sicurezza» nel 2008, raggiungendo i diciotto mesi con il decreto-legge del 23 giugno 2011 n. 89, termine massimo consentito dalla direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari. Tale estensione della durata di trattenimento non solo contrasta con il carattere eccezione della misura del trattenimento, qualora non sia possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, ma non si è tradotta in una
maggiore efficacia della procedura, a fronte di un elevato costo derivante dalla gestione
delle strutture e di una irragionevole compressione dei diritti e delle libertà fondamentali
dei/delle migranti trattenuti/e. Solo nell’ottobre 2014 il periodo massimo di trattenimento è stato ridimensionato a novanta giorni, termine di nuovo raddoppiato con il decreto legge 113/2018, convertito dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132.Con l’approvazione del d.lgs. n. 142, in attuazione
della direttiva 2013/33/UE sulle norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione
internazionale, è stato previsto in alcune circostanze il trattenimento fino a dodici mesi per
il richiedente asilo che “costituisce un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica” e per il
quale “sussiste rischio di fuga”. La misura del trattenimento deve essere convalidata dall’autorità giudiziaria: se è stato disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale, competente per la convalida è il Tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea. È sempre competente, invece, il giudice di pace in materia di convalida e proroga dei trattenimenti degli stranieri espulsi e respinti nei centri di trattenimento, di convalida degli allontanamenti e di convalida delle misure accessorie personali all’espulsione con partenza volontaria (artt. 13 e 14 del d.lgs. n. 286/1998). Attualmente, i CPR operativi sono 7, situati in cinque regioni. Sono previsti 1.035 posti complessivi, di cui effettivamente disponibili 715 3 .I CPR ad oggi operativi sono:Torino, Roma 4 ;Bari e Brindisi; Palazzo San Gervasio, Potenza, Caltanissetta e Trapani. I CPR di Bari, Potenza e Trapani siano di recentissima apertura e sono state ripetutamente annunciate aperture di nuove strutture mantenendo invariata un’ottica repressiva che si evince anche dalla conversione in CPR di vecchi centri di detenzione amministrativa o istituti di pena, trascurando che si tratta di persone che non provengono da un percorso penale, ma che si trovano in una situazione di irregolarità amministrativa. Come raccomandato dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, tale circostanza «dovrebbe indurre sia il legislatore, sia il personale di Polizia operante nei Centri a compensare la privazione della libertà con condizioni di trattenimento diverse da quelle di un istituto di pena» 5 .
3. Espulsione, trattenimento e rimpatrio quali ostacolo all’accesso alla giustizia
delle donne migranti e richiedenti asilo
La progressiva prevalenza delle finalità repressiva dell’immigrazione ha prodotto un mutamento di approccio delle autorità: dinanzi all’assenza del titolo di soggiorno, infatti, prende il sopravvento la procedura di espulsione con conseguente trattenimento delle donne, mentre rimangono trascurati i motivi che hanno determinato l’incontro con le autorità. Con riguardo alla popolazione migrante femminile, non sono approfondite, infatti, le condizioni soggettive e oggettive in cui le donne versano al momento del controllo della regolarità del loro soggiorno sul territorio e così si ostacola il riconoscimento della loro condizione di vittima di violenza di genere, compresa la tratta di esseri umani, e l’emersione delle specifiche forme di persecuzioni per motivi di genere subite nel paese di
origine. Allorché le donne cittadine di paesi terzi, anche se prive di titolo di soggiorno, trovano il
coraggio di chiedere aiuto alle forze dell’ordine o, quanto meno, di accedere ai presidi sanitari per le cure mediche in caso di violenza di genere subita nelle relazioni affettive, nel contesto lavorativo e, in generale, nella comunità di riferimento, si vedono comminare l’espulsione e applicare misure di controllo, fino al trattenimento nel CPR. Lo stesso accade a seguito di controlli di polizia, ciò disapplicando le garanzie previste dall’ordinamento alle vittime di reato. Se tale problematica è stata rilevata immediatamente all’indomani dell’introduzione del reato di ingresso e soggiorno irregolare sul territorio italiano (articolo 10 bis D.Lgs 286/1998) 8 , negli anni le conseguenze in termini di vittimizzazione secondaria delle donne non sono state attenuate né dall’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul in tema di prevenzione della violenza di genere e violenza domestica, né dal recepimento delle direttive 2011/36/UE (d.lgs. 24/2014) e 2012/29/UE (d.lgs. 212/2012), rispettivamente sui diritti delle vittime di tratta e sui diritti delle vittime di reato in generale. Ciò trova conferma nel vaglio di un campione di 50 donne cittadine di paesi terzi, accolte tra gennaio 2018 a giugno 2019 dall’ONG Differenza Donna:20 donne hanno subito l’espulsione e il trattenimento nel CPR di Ponte Galeria dopo essersi rivolte alle forze dell’ordine per denunciare forme di violenza psicologica, fisica o sessuale subita da partner o ex partner. In 2 casi, alle donne non è stato consentito neppure di sporgere querela; 3 donne sono state destinatarie di provvedimento di espulsione e trattenimento dopo intervento delle forze dell’ordine che hanno accertato una situazione di sfruttamento lavorativo, connotata altresì da forme di violenza di genere, come molestie e violenza
sessuale; 7 donne sono state identificate come irregolarmente presenti sul territorio, espulse e trattenute nel CPR di Ponte Galeria a seguito di operazione di controllo su strada dove erano costrette a prostituirsi; 2 donne sono state destinatarie di provvedimento di espulsione con applicazione di misura alternativa al trattenimento dopo aver presentato denuncia per violenza di genere; 18 donne hanno manifestato paura di denunciare la situazione di violenza di genere vissuta dal loro partner (non di rado di cittadinanza italiana), a causa delle minacce reiterate del maltrattante di essere denunciate alle autorità per mancanza di titolo di soggiorno; 4 donne hanno riferito di essere state trasferite al C.P.R. a seguito immediato del rilascio dal carcere dove avevano scontato pene inerenti i fenomeni emergenti di sfruttamento secondario. Si evidenzia come il legame tra sfruttamento della prostituzione e sfruttamenti ‘secondari’, in particolare nell’ambito dello spaccio di stupefacenti, sia sempre più rilevato dagli enti che si occupano della presa in carico delle vittime della tratta, a livello nazionale ed internazionale, nonché rilevato da numerosi fatti di cronaca recente. Tale sfruttamento secondario si registra in situazioni, contesti e relazioni di sfruttamento in cui le giovani già gravemente esposte a
coercizione e violenza, beneficiano di beni di mera sussistenza (ad esempio cibo o alloggio) ovvero di forme di “protezione” da ulteriori forme di violenza come risultato del completamento di un compito per conto di un altro individuo o gruppo di individui di natura criminale. Lo sfruttamento criminale delle giovani donne e ragazze, già costrette a prostituirsi, si verifica in un contesto nel quale non si ravvisa la volontà delle azioni compiute, in quanto oggetto di coercizione da parte di soggetti che hanno potere su di loro in virtù della loro età, sesso, forza fisica e/o risorse economiche o di altro tipo. La violenza, la coercizione e l’intimidazione sono diffuse; il coinvolgimento nelle relazioni di
sfruttamento è caratterizzato principalmente dalla limitata disponibilità di scelta delle
donne e ragazze a causa della loro vulnerabilità socio-economica. Il rimpatrio, infine, costituisce il concretizzarsi del peggior incubo per le donne migranti e richiedenti asilo, in quanto le espone ad ulteriori violenze e persecuzioni di genere nel paese di origine e nel caso delle donne vittime di tratta, con particolare riguardo per le donne di nazionalità nigeriana, alre-trafficking: le donne, dopo una detenzione a seguito di rimpatrio nel paese di origine, sono lasciate prive di protezione e di fatto abbandonate nelle mani della capillare rete criminale di trafficanti e sfruttatori che le inserisce
nuovamente nel percorso della tratta con finalità di sfruttamento 9 .
4. Condizioni di trattenimento delle donne migranti e richiedenti asilo
Dal 2005 l’ONG Differenza Donna gestisce uno sportello di accoglienza all’interno del CPR di Ponte Galeria, Roma, che negli anni ha svolto un’azione di supporto e assistenza alle donne trattenute, impegnandosi anche nella promozione di formazione del personale che negli anni si è succeduto nella struttura. Sul punto, si evidenzia che la detenzione amministrativa prevista nel nostro ordinamento solo nei confronti della popolazione migrante in assenza di titolo di soggiorno, costituisce la prima sperimentazione di una gestione privata di strutture di privazione della libertà personale con un difetto di uniformità di gestione e di disciplina delle condizioni di trattenimento. Solo nel 2014, peraltro, è stato emanato dal Ministero dell’Interno il regolamento unico per la gestione e organizzazione
dei CPR, ma non è assicurata specializzazione e un approccio sensibile al genere. In particolare, le donne trattenute non si vedono garantito un percorso di tutela della loro salute. All’esito dei colloqui con le donne, è stato necessario richiedere in urgenza visite specialistiche, da quelle ginecologiche a quelle psicologiche, al fine di verificare la compatibilità delle condizioni psicofisiche delle donne con una situazione di privazione della libertà personale. Tale intervento è apparso utile anche al fine di far emergere gli esiti traumatici delle violenze e persecuzioni di genere subite nel paese di origine, nei paesi di transito e sul territorio italiano. Si sottolinea che, negli anni, diverse donne trattenute in condizioni psicologiche particolarmente fragili hanno compiuto atti autolesionisti fino a tentare il suicidio. Altresì, sovente è accaduto come lo Spazio adibito per i colloqui di sostegno non fosse
adeguato a garantire la loro riservatezza e costante è il timore delle donne che l’accesso allo sportello possa venir a conoscenza di altre donne trattenute contestualmente e legate all’organizzazione criminale coinvolta nello sfruttamento 10 .
Con riguardo alle condizioni materiali di trattenimento, le donne trattenute lamentano che i
servizi sono insufficienti rispetto al numero delle presenze, anche a causa di guasti e di interventi di manutenzione tardivi. Allorché tali disservizi riguardino i servizi igienico- sanitari, le donne sono esposte al rischio di vedere ulteriormente compromesse condizioni psico-fisiche già delicate: si consideri, ad esempio, le donne che hanno subito mutilazioni genitali femminili, che comportano conseguenze a breve, medio e/o lungo termine di carattere sanitario, come infezioni al tratto urinario, cicatrici e gravi emorragie, oppure il caso di donne che hanno subito la tratta e il successivo sfruttamento sessuale, spesso affette da malattie sessualmente trasmissibili e altre patologie che meriterebbero percorsi di cura e di accoglienza dedicati. Si segnala, inoltre, che le condizioni igienico-sanitarie precarie, che peggiorano in estate, e sono aggravate dalla scarsità di beni di prima
necessità, come assorbenti, sapone, shampoo e bagnoschiuma. Per quanto concerne il vestiario, le donne ricevono attualmente un kit composto da una tuta (pantalone e felpa), un pantalone, 4 magliette, 4 mutande, 6 paia di calzini, 2 reggiseni a fascia (senza bretelle e senza ferretto), un paio di scarpe. Si sottolinea come le taglie degli indumenti forniti siano speso non appropriate ed adeguate alle diverse fisicità delle donne trattenute.
Attività ricreative ed opportunità di svago sono attualmente inesistenti; le stanze sono provviste di una televisione, tuttavia gli apparecchi sono spesso malfunzionanti; la biblioteca a disposizione delle donne è fatiscente, il luogo adibito a tale funzione risulta essere inadeguato, non accogliente, spoglio: vi sono libri disposti in modo disordinato su scaffali di metallo, due tavoli con sedie incorporate, quasi tutte instabili, se non assenti. Le stanze (da 4, 6 o 8 posti letto) sono estremamente spoglie e spesso prive di mobilio, fatta eccezione dei letti. Alcuni dei bagni interni alle stanze sono privi di porta, costringendo le donne ad utilizzare lenzuola per ottenere una condizione minima di riservatezza 11 . Si vuole sottolineare come vi sia un generalizzato malcontento in merito al cibo servito, dal punto di vista della qualità e della varietà, e l’impossibilità, per donne che soffrono di intolleranze non certificate, di ricevere un pasto consono alle loro esigenze. Si segnala che, nell’ultimo anno, vi sono state diverse proteste e scioperi della fame. Si registra, infine, sin dal momento dell’accertamento dello status irregolare sul territorio, fino all’ingresso nelle strutture di trattenimento, l’inadempimento degli obblighi informativi riguardanti il diritto di difesa nel procedimento di espulsione e rimpatrio, le facoltà e i poteri in quanto vittime di reato, all’assistenza legale specializzata e a patrocinio a spese dello Stato, tanto che le donne trattenute molto frequentemente versano in una condizione di
confusione in merito ai loro diritti, e spesso sono completamente all’oscuro circa la loro situazione giuridica.
Ilaria Boiano è avvocata dell’ufficio legale dell’ONG Differenza Donna, specializzata nella
difesa dei diritti delle donne nel processo penale e nell’assistenza alle donne migranti e
richiedenti asilo. Coniuga la professione forense con l’attività di studio e ricerca sul
femminismo giuridico. Ha conseguito il dottorato di ricerca in legge penale e diritti della
persona presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ed è cultrice della materia
Sociologia giuridica della devianza e del mutamento sociale SPS/12 presso l’università di
Roma 3. È autrice di Femminismo e processo penale (Ediesse 2015) e ha pubblicato
numerosi saggi sui temi della violenza maschile contro le donne, i diritti delle donne
richiedenti asilo e rifugiate, il femminismo giuridico. Tra le pubblicazioni recenti
Femminismo giuridico. Teorie e problemi, con Anna Simone e Angela Condello
(Mondadori Università, 2019).
Giovanna Bruno è coordinatrice dello sportello di accoglienza all’interno del C.P.R. e
responsabile del Centro ‘Prendere il Volo’ per donne sopravvissute alla tratta ed allo
sfruttamento sessuale e/o lavorativo, gestiti dall’ONG Differenza Donna. Ha conseguito la
laurea magistrale in Servizio Sociale presso l’Università La Sapienza di Roma,
specializzandosi attraverso un master in Studi di Genere presso la Lund University, in
Svezia, ed un progetto di ricerca sulle disuguaglianze di genere presso la Facoltà di
Sviluppo e Politiche Sociali della FudanUniversity a Shanghai, in Cina.
Chiara Spampinati è gender experte ricercatrice dell’ONG Differenza Donna nei progetti
nazionali ed internazionali a supporto delle donne migranti vittime di tratta e/o
sopravvissute alla pratica delle Mutilazioni Genitali Femminili. Dal 2014 al 2016 ha
ricoperto il ruolo di Responsabile del Centro “Prendere il volo” per donne sopravvissute
alla tratta ed allo sfruttamento sessuale e/o lavorativo, gestito dall’ONG Differenza Donna.
Ha conseguito la laurea triennale in Scienze e Tecniche del Servizio Sociale ed è iscritta
all’albo degli Assistenti Sociali del Lazio. Nel 2018 ha partecipato alla redazione del
“Vademecum per Operatrici delle Case Rifugio e dei Centri Antiviolenza: linee guida e
buone pratiche per accogliere adeguatamente donne e bambine migranti che hanno
subito MGF o sono a rischio di subirle”. Da ultimo, il 13 giugno 2019 è intervenuta presso
la 1° Commissione del Senato della Repubblica (Affari costituzionali, affari della
Presidenza del Consiglio e dell’interno, ordinamento generale dello Stato e della pubblica
amministrazione) nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul fenomeno della prostituzione.
- Legge 2 agosto 2011, n. 129, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.
- Si veda C. MAZZA,La prigione degli stranieri. I Centri di Identificazione e di Espulsione, Roma 2013; DI MARTINO-BIONDI-RAFFAELLI-BOIANO,The criminalization of irregularimmigration: law and practice in Italy, Pisa, 2013.
- Secondo quanto riferito dal Ministro dell’interno in occasione della sua audizione al Comitato Schenghen.
- L’unico CPR nel quale è previsto il trattenimento di donne, di recente riaperto anche per il trattenimento di uomini.
- Garante nazionale dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale, NORME e NORMALITÀ Standard per la privazione della libertà delle persone migranti, Raccolta delle Raccomandazioni 2016-2018, p. 13.
- Dossier Viminale del 15 agosto 2019, Rimpatri e allontanamenti, grafico p. 32.
- Garante nazionale dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale, NORME e NORMALITÀ Standard
per la privazione della libertà delle persone migranti, Raccolta delle Raccomandazioni 2016-2018. - PIATTAFORMA LAVORI IN CORSO 30 YEARS CEDAW, rapporto ombra del 2011; rapporto ombra del 2017.
- WLWW,Trafficking of Nigerian Women and Girls: Slavery across Borders and Prejudices, 2015
- Per lo più di nazionalità nigeriana e cinese.
- Si rinvia a Garante nazionale dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale, NORME e NORMALITÀ Standard per la privazione della libertà delle persone migranti, cit., p. 24.